Lettura scenica “Scacco perpetuo”

Notizia del 21.01.2008

Il programma per la Giornata della Memoria 2008 prosegue giovedì 24 gennaio 2008 alle 20.45 nel teatro di Villa Belvedere a Mirano con “Scacco perpetuo”, lettura scenica di brani tratti dal romanzo dell’autore lituano Icchokas Meras proposta dall’Associazione Teatro Metropolitano.
La serata è organizzata dal Comune di Mirano attraverso l’Assessorato alla Biblioteca, Pubblica Istruzione e Pace e la Biblioteca Comunale in collaborazione con l’associazione Leggidonna nell’ambito dei percorsi di lettura in Biblioteca “Verso Est”.
Voci recitanti: Franco Bozzao, Marco De Cassan, Monica Niero, Salvatore Sicurella, Andrea Verri, Alice Zanon, realizzazione di Renata Cibin.
L’ingresso è libero.

I temi del ricordo, della testimonianza, della storia caratterizzano il romanzo breve di Icchokas Meras, nato in una famiglia ebraica a Kelmé in Lituania. Per lui così come per tutti gli ebrei di questa antica e gloriosa comunità, ci fu l'orrore della Shoah, che lo scrittore visse nel ghetto di Vilnius, dove morirono i suoi genitori. Emigrò in Israele nel 1972.

Scacco perpetuo” è la sua prima opera tradotta in italiano, (a cura di Ausra Povilaviciute e Vanna Vogelmann, ed. Giuntina, pagg. 178, Euro 14,00). E' una novella ambientata nel ghetto: non una sequenza di eventi, ma una serie di visioni. La storia si gioca come una fatale partita a scacchi, dove un realismo estremo è accompagnato da una prosa sincopata.
Nel ghetto di Vilnius si gioca una partita la cui posta è la vita o la morte. Ma scegliere la vita significa perdere la partita, significa abdicare totalmente ad ogni sorta di resistenza individuale, e Isaac e i suoi fratelli, i figli di Avraham Lipman, sanno che la vita non può essere merce di scambio quando è in gioco la propria dignità, quando è ancora possibile avere la scelta tra "due mosse". Meras, con uno stile limpido, implacabile e di grande forza poetica erige un monumento agli ebrei di Vilnius che lottarono con disperato coraggio per la propria dignità e per quella del proprio popolo. Un libro che riesce ad essere poetico e con soffi di leggerezza nonostante la tragicità, una lezione di vita straordinaria.

La Storia
Il libro nizia con una partita di scacchi giocata dall’ufficiale tedesco Schoger, sorvegliante del ghetto, e il giovane Izia. Finirà pure con un’ennesima partita di scacchi perché, come dice Schoger, “Nel mondo tutto è una lotteria. Gli scacchi sono una lotteria, il mondo è una lotteria, e anche la tua vita è una lotteria.” E allora il gioco degli scacchi- come altrove, in romanzi e film- diventa una metafora della vita, eterna partita per posticipare il più possibile il termine finale, per sfruttare al massimo ogni mossa. Mentre i due muovono i pezzi, prosegue sullo sfondo l’attività del ghetto, c’è la possibilità di pensare e di ricordare. Come se fossero una serie di flash prima che tutto si concluda. E allora è come se le pedine del re e della regina fossero Izia e Ester, la ragazza con i capelli di lino che lui ama sin da quando sono bambini, e tutti gli altri pezzi sulla scacchiera fossero i fratelli e le sorelle di Izia, eliminati uno dopo l’altro dall’avversario.
Ogni volta che Abraham Lipman, il padre di Izia, pronuncia in tono ieratico quella frase colma di echi della Bibbia, “ho generato una figlia, Rachel…un figlio, Kasriel…una figlia, Riva…”, sappiamo che leggeremo una storia di coraggio che terminerà nella morte, storie di resistenza al nemico, di gravidanze forzate come esperimento, di armi portate di nascosto dentro il ghetto. Fino alla più dolorosamente straziante, “ho generato una bambina, Teibele…”, perché a nulla era servito affidare la piccola ad una famiglia cristiana: erano stati impiccati sia i genitori adottivi sia la bambina. Eppure, e qui è la forza di Izia che continua ad accettare la sfida del tedesco, è possibile continuare a vivere nonostante tutto. Si può sognare la felicità e l’amore anche rinchiusi nel ghetto, e questa volta è il Cantico dei Cantici che affiora nelle parole di Izia per Ester.
Quando il tempo è scaduto e avvertiamo che il destino del ghetto è segnato, è il momento dell’ultima partita, quella in cui la malvagia sottigliezza di Schoger si scontra con la grandiosità morale del giovane Izia. Il giorno seguente saranno portati via i bambini del ghetto: se Izia vince, i bambini saranno salvi e lui morirà; se perde, sarà lui a vivere e i bambini a morire. E se invece Izia riuscisse a fare patta, che è più difficile ancora che vincere? Schoger promette che, in tal caso, tutti avranno la vita assicurata- ma poi si rimangia la parola. E Izia “capì che una sola mossa era quella buona”. La mossa che gli assicura la dignità, lo scacco matto vincente che significa, sì, la sua morte, ma quale indicibile vittoria su un nemico che credeva di averlo in pugno, che voleva umiliarlo a supplicare per la vita.
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