Biennale dell'Incisione 2002

Biennale dell'Incisione Contemporanea; Italia-Austria 2002

particolare incisione TiepoloContinuità ed esperimento La grafica in Austria all’inizio del XXI sec.

È un piacere ed un onore per gli artisti austriaci e per la Kleine Galerie, rinomata specialista di arte grafica in Austria, essere invitati a presentare alcuni esempi attuali di incisioni qui a Mirano, nella città del Tiepolo, nell’ambito della Biennale per le Arti Grafiche “Premio Tiepolo”.
Auspichiamo un fecondo e serrato confronto estetico fra artisti e cultori austriaci e italiani.

L’attuale panorama della grafica austriaca è sorprendentemente ricco, vitale e poliedrico, una volta che si sia affinato lo sguardo e ci si sia liberati dal culto dell’”originale”, ancora sotto certi aspetti imperante. I veterani più affermati consolidano le posizioni acquisite sviluppando in modo coerente ed articolato il proprio stile, mentre gli artisti più giovani si propongono energicamente nel contesto di nuovi laboratori grafici.
Le innovazioni tecnologiche, in particolare elettroniche, non sminuiscono, tuttavia, il fascino delle vecchie tecniche a stampa, specialmente la calcografia su lastra di rame; le tecniche tradizionali dell’arte grafica rivelano la loro versatilità formando inedite combinazioni, consone a pratiche sperimentali, aperte allo spirito critico dell’espressione artistica contemporanea.
Questa mostra collettiva di artisti austriaci, che ha luogo nell’ambito della Biennale Premio Tiepolo, intende tener fede al voto di attualità della manifestazione. È per questo che vi si propone una scelta rappresentativa della grafica degli ultimi tre anni, in buona parte con lavori su matrice di rame, volendo offrire uno spaccato della grafica contemporanea austriaca. Va da sé che un tale giro di panorama a caratttere antologico resterà necessariamente incompleto, cosicché per motivi di spazio ci sono delle inevitabili lacune di cui non manchiamo di avvertire l’arbitrio.

L’incisore austriaco più prestigioso e noto al pubblico internazionale è senza dubbio Alfred Hrdilicka. Congiuntamente ai suoi coetanei ed amici Georg Eisler (morto nel 1998), Fritz Martinz e Rudolf Schönwald, Hrdilicka ha profondamente improntato la scena dell’arte austriaca nel XX. secolo, in modo particolare per quanto riguarda la grafica. La figurazione Hrdlickiana, con i complessi cicli di incisioni fra i quali spiccano due raccolte “italiane”, “Hommage à Basaglia” e il “Ciclo per Pasolini”, rappresenta una tenace perorazione del reale processo di emancipazione, un costante richiamo ai fantasmi dell’uguaglianza e fratellanza. Che a questo scopo sia necessario domare una pluralità di demoni, Hrdlicka lo illustra nel recente “Orvieto- Zyklus”.

Alla vecchia generazione dei maestri dell’Accademia viennese appartengono anche Herwig Zens e Drago Prelog.

Herwig Zens è il più spagnolo tra gli artisti austriaci: le sue vedute di città iberiche, illustrazioni di testi letterari, scene di corrida, in modo particolarmente inquietante la morte, protagonista di primo piano non solo dell’immaginario letterario e pittorico spagnolo, ma anche dei trionfi della morte tardo medioevali, una fonte d’ispirazione, questa, particolarmente congeniale a Zens. Herwig Zens conquista all’arte dell’incisione un’inedita spigliatezza di tratto, la solare letteralità di superfici dell’aquatinta, la preziosità del disegno ed una scioltezza quasi pittorica.

Drago Prelog, titolare dell’insegnamento di Lettering [Schriftgestaltung] presso l’Accademia di Vienna, scandaglia tutte le varietà espressive del tratto incisorio. Per un verso egli, nei suoi “Umlaufbilder” [Immagini in circolazione] espone l’eroismo del gesto soggettivo all’automatismo psichico, isolandone, d’altra parte, nei “Buchstabenbildern” [Lettere immaginali], austeri calligrammi di tipografica disciplina e di eminente bellezza espressiva. Dal tratto dell’incisione emergono i correlativi oggettivi che Drago Prelog persegue con paziente tenacia: profili di montagne, volti umani, caratteri alfabetici, coaguli figurativi iscritti o scolpiti in iperboli di segni scritturali.

Alla stessa generazione appartiene Christoph Kiefhaber. Nei suoi lavori a vernice molla egli congiunge, in modo non dissimile da Zens, l’eredità figurativa iberica, Picasso e Miró primi fra tutti, con la barocca espressività, dinamicità e colorismo della tradizione austriaca. Il fatto poi che Kiefhaber attinga al repertorio mitologico greco antico dimostra una volta di più come l’immaginario delle antiche saghe abbia una portata, più che di attualità, di vitale luminosità sui nostri miti moderni.
Sono mondi di una atavicità ancor più remota dai quali Konrad Planegger, esponente della nuova guardia sulla scena della grafica austriaca, trae l’ispirazione per i suoi lavori a puntasecca: i preistorici graffiti rupestri di Altamira stimolano Planegger alla produzione di cicli grafici, composizioni nella quali figure di animali si sovrappongono a carcasse scheletrite, vestigia di architetture antichissime si sovrappongono a figurative allegorie di framenti ossei, appunti per la spesa o numeri di telefono.
Il toro di Altamira ed il numero del cellulare formano così la sigla di una condizione umana: il moderno soggetto dedito al regime di caccia e raccolta, non diversamente dal suo progenitore di 30.000 anni fa, opera sull’ambiente prolungandosi mediante le protesi della tecnica, deflusso estemporaneo della grande deriva storica!

L’opera di Michael Hedwig appartiene al filone dell’arte sacra, una forma di spiritualità cristiana che riprende una tradizione secolare in moduli di sempre nuova vitalità. La corporeità di figure avvinte alla propria umanità, deposte nella dimora angusta della comunicazione e dell’amplesso, così come il cromatismo e la materialità della matrice, fanno dell’arte di Hedwig un canto spirituale che risuona al di là dell’uomo.

Erich Steininger arricchisce in modo originale il filone di astratta espressività della moderna tradizione austriaca: Steininger ha dapprima derivato un suo suggestivo vocabolario di linee e forme dai luoghi della sua terra nel Waldviertel, aspri dossi, macchie generose di spine ed aculei, boschetti impenetrabili. L’asprezza del paesaggio si interiorizza in seguito nella violenza dell’atto artistico, teatro di una energia esplosiva la cui corporeità trova nel lavorio della punta secca una sua congeniale crudezza: il filiforme sottobosco formale di Steininger diventa così un segnavia estetico nel disorientamento, turbamento ed errare postmoderno.

Del pari vincolato a forme e profili autoctoni è Franz Zadrazil, che a partire dal sentimento dei luoghi sviluppa un’originale varietà austriaca del realismo fotografico: inconfondibili vedute di Vienna, ma anche di altre grandi città del globo, momenti colti in una quotidianità da cui emerge una fotografica storicità sospesa nell’oblio.
Zadrazil si inserisce nella tradizione del vedutismo austriaco, dai tempi di Rudolf von Alt un importante filone dell’arte danubiana, ma lo integra rivolgendo un’attenzione disillusa al milieu del piccolo borghese, alla ferrovia, a momenti di traffico urbano. La persona umana è come bandita dal tessuto cittadino registrato con drammatica acribia.

Gerhard Gudruf è un outsider in Austria, ma all’estero le sue costruzioni minimalistiche e distaccate riscuotono da tempo un meritato successo, tanto che Gudruf, pressoché ignoto nel suo paese d’origine, viene considerato un importante esponente della grafica d’arte austriaca. Egli propone un razionalismo grafico che stride felicemente con gli stereotipi estetici della nostrana produzione, tradizionalmente refrattaria al costruttivismo nell’arte.

Dalla rassegna, per quanto sommaria, degli artisti fin qui ricordati risulta chiaro che una comunanza, per così dire un’identità artistica degli austriaci non emerge tanto da una costante nelle opzioni tecniche, ovvero da una affinità iconografica, bensì dalla peculiare forza espressiva, genuina caratteristica della produzione artistica austriaca. Un realismo combinato con un impegno politico e sociale nel senso tradizionale dell’arte moderna, si trova, fra tutti gli artisti qui presenti, solo in Hrdlicka. Gli altri accantonano la tradizionale funzione dell’arte grafica, strumento di agitazione politica e insieme manifesto di utopie, in favore di un pittoricismo atmosferico, di una visione del mondo impervia e sovente prona all’assurdo, di un pessimismo quietistico, il quale bensì risulta da un’attitudine critica, ma designa solo per vie traverse la protesta contro lo stato di cose attuale. Il messaggio del dissenso è ora sotterraneo, composto in caratteri ermetici. La tradizione ermetica, in vero, si associa in parte alla presenza di esuli dell’Europa sud orientale che, in questi ultimi anni, hanno arricchito in modo notevole anche l’arte grafica austriaca. Stoimen Stoilov di Varna e Petar Waldegg di Sarajevo ne sono due esempi rappresentativi.
Stoilov, memore del surrealismo e dell’arte fantastica, dimostra che negli antichi miti della Tracia e della Grecia il senso storico moderno non cerca invano spunti di affabulazione, mentre la verbosa ineffabilità del vissuto attuale vi rinviene un alfabeto figurativo tuttora dotato di un’elusiva espressività: i successi internazionali di Stoilov, dalla Svezia alla Francia fino negli Stati Uniti sono una testimonianza eloquente della vitalità e varietà della tradizione europea.
Petar Waldegg, professore all’Accademia d’Arte di Sarajevo fino al 1992, riprende dal suo esilio di Klagenfurt le sue “lettere” a destinatari ignoti. Il rigore semiologico, un vocabolario scevro da oscurità, una scrittura interiore che solo all’apparenza si compone di caratteri vagamente tipografici, la sopraffina resa tecnica dell’intuizione; tutto ciò fa di Petar Waldegg uno degli esponenti di spicco dell’arte grafica in Austria.
La nuova generazione dal canto suo, esplora le potenzialità classiche della matrice di rame, nonché mira ad un produttivo distacco dai moduli tradizionali. Grazie allo spiccato interesse per gli aspetti della tecnica i giovani grafici riscoprono l’importanza del processo di stampa come mezzo espressivo, essi rivelano insomma un’interesse a scandagliare i valori estetici della percorso produttivo artigianale. Una stampa, allora, non è un prodotto artistico compiuto già allorché la piastra sia “buona a stampare”, bensì solo a seguito dello stesso processo di impressione, giacché il lavoro finito non si appaga se non di un’artigianale compiutezza ed accuratezza. La coerenza del lavoro artistico richiede, quindi, che l’incisore sia anche stampatore. Le singole fasi dell’d’impressione consentono di realizzare, attraverso una varia colorazione o sfumatura della matrice, inediti valori estetici, mentre la combinazione di piastre diverse e persino l’intensità del torchio, mediante la quale si possono ottenere caratteristici grumi cromatici, rivelano una capillare riflessività per così dire tecnica dell’espressione grafica. Questa enfasi sui molteplici aspetti della torchiatura riflette, poi, il recente dibattito teorico sulle tecniche dell’informazione: una trasmissione, un’informazione, non si riducono ad un puro contenuto, poiché il contenuto si presenta con una sua veste formale inscindibile dal mero valore informativo. Quanto i tecnici della comunicazione tendono ad escludere da una trasmissione come rumore di fondo, ciò viene consapevolmente inserito nel processo creativo come eco e surplus della nuda informazione. Il veicolo della trasmissione, in questo caso la stampa, l’impressione, si riverbera sui contenuti da esso veicolati.

Wolfgang Buchta è attivo in primo luogo come illustratore. Il libro d’arte di grande formato “Unwegsame Gebiete” [Aspri domini], un corposo ciclo di 54 incisioni a punta secca, ciascuna in quattro prove di stato, su un testo del poeta gallese Dylan Thomas, che Buchta ha stampato e rilegato, appartiene a quanto di meglio vi sia in Europa in fatto di libri d’arte. Il lavoro più recente di Buchta è dedicato ad Edgar Allan Poe, “The Tell-Tale Heart”: si tratta di un’aquatinta, anche per quanto riguarda la morsura del testo. I caratteri umani ed il loro interagire, questa la costante tematica dell’opera di Buchta. La complessità e varietà dei rapporti umani si ritrovano nella complessità contrappuntisitca della matrice e nel carattere speculativo della torchiatura.

Veronika Steiner, titolare della cattedra di Teoria e Pratica delle Arti grafiche presso l’Università di Arti Applicate a Vienna, modifica, attraverso la combinazione verticale di più matrici in fase di torchiatura, la storicità della singola lastra creando inusitati effetti atmosferici. È così che i margini della matrice, le contiguità e l’interagire con i dintorni dela torchiatura ne determinano il carattere: arte grafica come environment art. Il carboncino, da Veronika Steiner impiegato generosamente ed in molteplici variazioni, introduce una spazialità tattile prima ancora che visuale: carattere scultoreo della stampa.

Georg Lebzelter è sulle tracce di suo nonno, un rinomato paleoantropologo che condusse alcune campagne di scavo nel Sudafrica. Il nipote scava nel metallo e vi trova forme minerali, lignee, tratti di paesaggi, vestigia di lavoro umano, rovine di artistica volontà d’espressione. La lettura di tali immagini è spesso una questione di “punti di vista”: Georg Lebzelter ruota le sue lastre, le torchia “capovolte”, ne amplifica il cromatismo, prolunga la lavorazione scavando più a fondo: in questo modo egli dimostra ad oculos il carattere processuale della stampa e dell’arte grafica in generale.

Henriette Leinfellner, insegnante presso lo stesso istituto di Veronika Steiner, è una viaggiatrice. Gli strumenti ed ausilii del viaggiatore vengono da lei proiettati reprograficamente sulla lastra di rame, mentre ricordi ed associazioni sono affidati alla punta secca, alla morsura, all’incisione, il tutto stampato in diverse sequenze cromatiche. È tipico dell’arte grafica austriaca contemporanea che valori individuali ed esperienze internazionali si fondano aprendo nuovi sentieri alla sperimentazione di modi espressivi inediti.

Lo xilografo tirolese Michael Schneider è, appunto, un eccellente giovane artista che combina l’esperimento con una biografia spiccatamente cosmopolita. Dopo il conseguimento del diploma all’Accademia di Belle Arti di Vienna ha trascorso un periodo di studio di quattro anni a Tokyo, concluso del pari con un diploma. Dopo aver dischiuso all’incisione in legno nuove forme ispirate alla tradizione figurativa giapponese, Michael Schneider si è dedicato ultimamente ad una tecnica nuovissima, l’incisione e stampa su lastra polimerica.

Si tratta di un foglio di materiale sintetico dello spessore di alcuni millimetri utilizzato su scala industriale per la produzione di semiconduttori. La nuova matrice consente una lavorazione tradizionale come su lastra di rame: può essere trattata ad aquaforte, incisa a secco e stampata in cavo, potendosene ricavare fino a 40 esemplari in stampa. L’arte grafica, d’altra parte, inaugura con la polimerigrafia una nuova fase: con il nuovo supporto diventa possibile combinare un processo non tossico di lavorazione della matrice con le nuove possibilità di elaborazione digitale dell’immagine. Nei suoi ultimi lavori Michael Schneider combina l’attualità della polimerigrafia con il profilo della tecnica a stampa più antica, l’incisione in legno, testimoniando così una volta di più che i giovani artisti austriaci legano l’attenzione alle novità tecniche con la fedeltà artigianale alla tradizione delle arti grafiche. Nell’era digitale, nell’età dei photoshop tutto ben venga, se contribuisce a mantenere vitale la più antica e sapiente tecnica di riproduzione dell’immagine artistica. Al Comune di Mirano va la nostra appassionata simpatia ed un particolare ringraziamento per aver creato la pregiata occasione per questa breve presentazione!

Dr. Philipp Maurer Die Kleine Galerie, Vienna