Discorso della Sindaca Pavanello per il 25 Aprile e video della cerimonia di commemorazione del 75° anniversario della liberazione

Notizia del 25.04.2020

Oggi 25 aprile in occasione del 75° anniversario della Liberazione il Comune di Mirano, decorato al valor militare, ha organizzato una cerimonia di commemorazione senza la presenza del pubblico a causa delle restrizioni per il contenimento del Covid-19.

La cerimonia è stata trasmessa in diretta Facebook e il video è visibile nel sito

https://youtu.be/rmjN6dnU7BE

Alla cerimonia sono intervenuti la sindaca Maria Rosa Pavanello, il responsabile del Gruppo comunale di Protezione Civile e un rappresentante dell'ANPI.


Pubblichiamo di seguito il testo del discorso della sindaca:

Cari concittadini e care concittadine, come avete avuto modo di vedere, non è la consueta celebrazione del 25 aprile quella che abbiamo aperto con l'alzabandiera nella piazzetta dedicata nel 2014 a Bruno Eugenio Ballan (combattente e partigiano, medaglia d'argento al valore militare, comandante del VI battaglione,  protagonista della vita sociale politica e sindacale miranese per oltre 40 anni). Grande persona che ho avuto l'onore di conoscere e apprezzare nei primi passi da Assessore all'istruzione e del quale non dimenticherò mai la sua passione, il suo impegno civico e la sua volontà, quando il suo tramonto stava per venire, di trasmettere questi valori alle giovani generazioni. Non è la classica giornata di festa, come da sempre siamo abituati: manca la consueta atmosfera allegra, manca il colorato e meraviglioso contorno della festa dei fiori, manca il via vai degli innamorati che acquistano il bocolo per le amate e soprattutto mancate voi miranesi, che avete partecipato sempre numerosi e che sicuramente non sareste mancati in questo giorno che segna il 75° anniversario della Liberazione.
Ma vogliamo lo stesso coltivare e diffondere un piccolo seme di gioia, di comunità. Pensiamo sia irrinunciabile e, proprio per la difficoltà di questo periodo, ancor più importante, fonte di coesione e unione. E, quindi, per quanto è possibile, rispettando ogni disposizione di sicurezza, siamo qui per una piccola ma significativa cerimonia. A questo proposito voglio ringraziare quanti sono presenti oggi per permettere, anche in queste difficili condizioni, la cerimonia. A partire dalla Protezione civile, alla quale va anche un grandissimo ringraziamento per quanto sta facendo da settimane per aiutarci a fronteggiare l’emergenza epidemia,alla polizia locale dell'Unione e le altre forze armate, ai dipendenti qui presenti...Un caro saluto all'Associazione combattenti e reduci e a tutte le Associazioni combattentistiche e d' arma che responsabilmente ci stanno seguendo da casa.

Oggi come nel 1945 stiamo vivendo tempi difficili. Questa volta, però, non resistiamo alla disumanità del nazifascismo, ma all’invisibile violenza di un virus. Guerra e dittatura sono sciagure molto diverse dalla pandemia, difficilmente paragonabili. Eppure, tante sono le analogie che possiamo contare osservando ciò che stiamo vivendo, importanti le lezioni che possiamo trarne.
Oggi come ieri abbiamo avuto paura, ma non ci siamo persi, non abbiamo ceduto. Lottiamo e resistiamo.
 
Oggi come ieri questa minaccia ha una portata mondiale, quasi nessuno è al sicuro e anche paesi che pensavano, con un pizzico di supponenza, di poter fare meglio del nostro, si sono trovati a imitarne in maniera più o meno stringente le chiusure.
 
Oggi come ieri tutto il nostro Paese soffre. Ogni italiano è chiamato a resistere, a sopportare, a pensare a un bene immensamente più grande del singolo, di ogni divisione: un tempo la libertà e la pace, oggi la salute. A guardare bene, oggi come 75 anni fa, i più grandi doni a cui può aspirare l’essere umano.
 
Oggi come ieri possiamo contare su un’avanguardia coraggiosa, che lotta in prima linea, che si sacrifica per noi. Medici, infermieri e tutti gli operatori sanitari sono i partigiani a cui ci affidiamo per resistere, a cui chiediamo di proteggerci durante l’epidemia. Sono le persone che rischiano di più, in prima persona, anche la vita. Come ogni anno ringraziamo commossi i protagonisti della Resistenza per il loro enorme, insostituibile sacrificio, oggi ringraziamo anche chi ci cura negli ospedali.
 
Oggi come ieri, però, per fortuna, ci sono anche tante altre persone, non in prima linea, che aiutano queste persone straordinarie e che cercano di fare una piccola parte in questa grande impresa: i volontari che prestano la loro opera, che siano della Protezione civile o coinvolte in altro modo; chi dona, chi fa beneficenza; chi studia soluzioni di ogni tipo – commercio, consegne e mille altre idee utili – per affrontare questa situazione di emergenza e mandare avanti la nostra vita, tenendola il più possibile nell’alveo della normalità.

Oggi come ieri sappiamo che non siamo soli. Abbiamo amici, forze alleate, in molte parti del mondo, che sono venuti fin qui per aiutarci. Pensiamo, per esempio, ai pazienti accolti nelle terapie intensive tedesche, gli italiani rientrati dai paesi esteri grazie ai voli organizzati dal meccanismo europeo di protezione civile, agli acquisti in titoli di stato da parte della Bce, il milione di mascherine donate dalla Francia, alle delegazioni di medici ed esperti giunti dalla Cina, dalla vicina Albania o dalla lontana Cuba.
 
Oggi come ieri piangiamo un numero altissimo, insopportabilmente doloroso di vittime. A loro va il nostro pensiero commosso. A chi diede la vita e soffrì per liberarci 75 anni fa. A chi ci è stato strappato oggi, quelle migliaia di persone, nostri concittadini, amici, parenti, che si sono ammalate e sono morte, spesso senza poter essere accompagnati dai loro cari.
 
Il ripetersi della comunanza di forze e di intenti in una situazione di estremo pericolo ci consegna anche una grande speranza, il desiderio che prenda corpo un’altra importante analogia, quella che riguarda il futuro. 75 anni fa un’Italia e un’umanità uscite piegate dalla guerra seppero rialzarsi e costruire un mondo più giusto, civile, democratico. Quello che abbiamo la fortuna di vivere oggi. Unendosi, raggiunsero conquiste fondamentali, dal piano politico a quello sociale, e in moltissimi altri campi. La speranza è la stessa. Dobbiamo desiderare di uscire più uniti da questa terribile prova. Che la solidarietà, l’umanità, il rispetto e l’impegno che stiamo dimostrando in queste settimane, e che dovremo dimostrare ancora per un po’, non si dissolvano alla sconfitta del virus, ma continuino ad accompagnarci. Ne avremo bisogno anche per ripartire perché, come 75 anni fa, la fine dell’incubo ci lascerà tanto lavoro da fare: c’è la nostra economia da rimettere in moto, ci saranno molte persone in difficoltà che attenderanno e avranno diritto al nostro aiuto.
 
Ma vogliamo anche che gli insegnamenti che ci sta dando, purtroppo, questa dura prova siano istruttivi, siano recepiti fino in fondo. Abbiamo avuto conferma, se mai ce ne fosse stato bisogno, dell’importanza di una sanità pubblica forte, sana, dotata dei mezzi necessari per proteggerci e curarci. Il sistema sanitario pubblico non è un valore negoziabile. È una ricchezza straordinaria, che ci siamo costruiti nella seconda metà del secolo scorso e che abbiamo il dovere – oltre che la necessità – di mantenere e tramandare. E abbiamo il dovere di tramandarlo in piena efficienza agli italiani del futuro. È un tema ricorrente, quasi un cliché, che si è sentito ripetere in queste settimane, ma – non c’è nulla da fare – è corretto: non dimentichiamoci di medici, infermieri e degli altri operatori della sanità una volta finita l’emergenza. Battiamoci perché le condizioni del loro lavoro – che poi sono quella della nostra salute – siano le migliori e le più giuste possibili. Sempre, non solo di fronte al Covid-19.
 
Questa pandemia – che reca per definizione l’aspetto della globalità – ci ha mostrato anche la fragilità del nostro mondo. È sviluppato, tecnologico, non è mai stato così avanzato nella storia dell’umanità, ma è pur sempre fragile. E proprio uno dei sui pregi, la profonda interconnessione, può rivelarsi uno dei suoi fattori di debolezza. La lezione che dobbiamo trarre è che dobbiamo avere cura di questo mondo, del nostro pianeta. Non possiamo sottovalutarne alcun sintomo di debolezza. Ciò che succede molto distante in poco tempo può arrivare a colpire molto vicino a noi. Siamo in equilibrio sulla stessa corda. Non possiamo permetterci di romperlo, perché altrimenti cadremo tutti.
 
La lezione più importante è che dobbiamo guardare al futuro con speranza. Perché, certo, è l’unico modo per affrontarlo, ma anche perché la grande vicenda umana che celebriamo oggi, la Liberazione dal nazifascismo, è l’istruttiva storia di una splendida rinascita da una notte buia. I protagonisti di 75 anni fa, eroi della Resistenza in testa, ci hanno mostrato un coraggio enorme nell’affrontare un momento difficile, più spietato di quello che stiamo vivendo oggi. Ma ci hanno mostrato soprattutto che se ne può uscire e se ne può uscire migliori. La Liberazione è stata la scintilla che ha acceso l’Italia democratica che oggi ci appartiene. Un bene grande e di cui non possiamo fare a meno. Con la stessa speranza, quella in una vittoria e in un futuro migliore, dobbiamo affrontare anche l’epidemia da coronavirus. Probabilmente anche questi giorni, in futuro, saranno ricordati come un passaggio cruciale nella storia del mondo e del nostro Paese. Spetta a noi indirizzarli nel modo giusto, verso una soluzione che ci renda orgogliosi come siamo orgogliosi della nostra Liberazione.
 
Come ogni anno, da più parti, qualcuno ha tentato di sminuire questa Festa, questa volta arrivando addirittura a strumentalizzare la tragedia della pandemia per spingere ad accantonare un pilastro del nostro Paese, come è la Liberazione. Ma, come ogni anno, gli italiani non ci cascano. I miranesi non ci cascano. Come ogni anno, anche se provati dalla pandemia, italiani e miranesi vogliono festeggiare e ricordare. Festeggiare e ricordare. Così come vogliamo fare noi, convinti che il ricordo di quella dura quanto meravigliosa pagina del nostro Paese possa essere uno degli stimoli migliori per affrontare la prova cui siamo sottoposti oggi. Insieme ce l’abbiamo fatta allora. Insieme, noi miranesi, veneti, italiani, europei e cittadini del mondo ce la faremo anche ora.

Viva la Liberazione
Viva Mirano
Viva l'Italia

Maria Rosa Pavanello